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L’arte e l’istinto. Lo strano caso di Pierre Brassau

La ricerca infinita dell’espressione

Nel 1964 il giornalista svedese Åke Axelsson portò ad una mostra alcuni dipinti, opere dell’artista francese Pierre Brassau. Le opere furono elogiate da alcuni celebri critici, tra cui Rolf Anderberg del Göteborgs-Posten che recensì con queste parole: “Brassau dipinge con colpi potenti, ma anche con chiara determinazione. Le sue pennellate si contorcono con furiosa meticolosità. Pierre è un artista che opera con la delicatezza di un ballerino di danza classica

In realtà Pierre era Peter, uno scimpanzé comune residente allo zoo. Ake gli aveva portato pennelli e colori e Peter si era divertito a riempire le tavole che aveva disposizione. Quando il giornalista rivelò l’inganno, Anderberg continuò a sostenere che quei dipinti fossero i migliori della mostra.

Ake voleva semplicemente svelare quanto i critici fossero sommari e poco attenti, in realtà ha messo in luce un aspetto estremamente importante: il ruolo dell’istinto.

Un critico d’arte ha gli occhi “allenati” e vede sicuramente cose che noi umani non riusciamo a cogliere. Nelle parole che utilizza per descrivere i dipinti di Pierre ci sono espressioni significative, ad esempio “colpi”, determinazione”, “furiosa meticolosità”. Quest’ultima soprattutto è rivelatrice: con un ossimoro (come si fa ad essere meticolosi e furiosi insieme?) Anderberg rivela il senso della produzione artistica, quell’urgenza che porta ad esprimersi, o a giocare. Perchè in fondo gioco ed espressione sono la stessa cosa, in inglese play significa sia suonare che giocare.

Pierre Brassau, al secolo Peter, scimpanzé residente allo zoo, in quanto primate è forse lo scalino precedente a cui cerchiamo di tornare per tirar fuori la spontaneità, il gioco, la forza e la determinazione. Al di là della tecnica, il senso dell’arte è l’espressione di sè.