Ascoltare il colore o vedere il suono?
La sinestesia (dal greco συν-αισθάνομαι: percepire insieme) cioè l’accostamento di qualcosa appartenente a due sfere sensoriali diverse.
La contaminazione sensoriale nella percezione generata quando le stimolazioni provenienti da una via cognitiva inducono esperienze involontarie in un percorso cognitivo parallelo.
Il nesso che lega ad esempio il suono e colore ha un importante substrato neurofisiologico; fin dalla nascita, quando nell’individuo la guaina mielinica che riveste le fibre nervose non è completamente formata, uno stimolo visivo si confonde con uno stimolo acustico ed il neonato avverte una percezione “confusa”.
Ascolta le immagini e vede i suoni.
Un po’ di storia…
Gli antichi Greci furono i primi a costruire una scala di colori divisa in sette parti, in analogia con le sette note della scala musicale; ma il primo approccio nella storia che riguarda il rapporto tra suono e colore con sperimentazioni consapevoli è tutto made in Italy e risale al 1500 con Giuseppe Arcimboldi. Il pittore milanese, partendo dalle proporzioni armoniche fra toni e semitoni, concepì una coerente sequenza di valori cromatici; con un’apposita scala di grigi riuscì quindi a correlare i rapporti tra i gradi della scala musicale (gli aggettivi numerali assegnati alle note in base al loro ordine crescente all’interno della scala stessa) e la luminosità dei colori (la quantità di bianco o di nero presente nel colore percepito).
Da qui in poi si susseguirono molte reinterpretazioni del rapporto tra suono e colore: Athanasius Kircher, Newton, Wallace Rimington, studiosi che, attraverso sperimentazioni e analogie dirette tra i fenomeni acustici e ottici, hanno scosso l’estro di tanti illustratori e pittori in quattro secoli.
Sarà l’Arte?
Ancora oggi la stretta corrispondenza tra i sette colori dell’arcobaleno e le sette note della scala musicale affascina e incuriosisce: sarà un caso se ad un aumento delle frequenze di oscillazione della luce nello spettro cromatico, dal rosso al violetto, è possibile far corrispondere un aumento delle frequenze di oscillazione del suono nella scala diatonica maggiore?
Sarà l’Arte, in tutte le sue forme, un soggetto che vive di vita propria indifferentemente dall’espressione con cui si concretizza? La mano che disegna, la voce che canta, le dita che percuotono lo strumento, saranno solo aggregati guidati da uno stesso invisibile intenso livello di trascendenza? E cosa dobbiamo fare per incontrare questo noumeno?